Scorci di vita privata che vanno e vengono sui social.
Tempo fa dichiarai la mia decisione di chiudere con la vita da freelance perchè da troppo tempo le cose non andavano per il verso giusto.
Ad una certa età ti girano le santissime quando ti rendi conto che stai facendo una fatica del diavolo senza portare a casa risultati degni del loro nome, è frustrante e tossico soprattutto.
Quella parola che rimbomba nella testa e che si chiama fallimento è la mela marcia della narrazione “soffri, produci e muori” che ci sta intorno, ma nella realtà dei fatti il cambiamento semplicemente accade indipendentemente da me, te, noi, voi essi etc…Il cambiamento passa attraverso periodi di merda, è una cosa ciclica e incontrovertibile, si chiama semplicemente: Vita.
Lo stato di Grazia perenne è impossibile perchè esistono anche Graziella e Grazie al Cazzo: un fine ragionamento per definire gli alti e bassi della nostra -breve- esistenza sulla Terra.
Quindi?
L’unica cosa saggia che ho imparato è “leva le tende prima di farti troppo male”, non importa cosa farai, l’essenziale è spostarti in qualsiasi direzione e cambiare punto di vista perchè altrimenti non riuscirai a guardare da nessun’altra parte.
Uno schema strategico non implica SEMPRE decisioni a sangue freddo, ho letto da qualche parte che talvolta è molto meglio il “gut feeling”, riassumibile nel sempiteno istinto animale: Keynes c’ha costruito un’intera opera sull’ Animal Spirit, cosa per altro molto più plausibile rispetto al mercato che si autoregola di quel babbione di Smith.
Ma adesso parliamo di privilegio.
Ho avuto il privilegio di gestire la mia vita in modo indipendente per molti anni, ciò mi ha consentito di crescere un figlio ed essere presente nella sua vita in modo costante, lo spoiler qui è che posso continuare a farlo ancora, ma con più stabilità -parliamo liberamente di soldi- che in fin dei conti è ciò che cerco e che da tempo ho perso: però mi devo accontentare di quello che passa il convento (per ora).
Un privilegio? Sì e lo riconosco, come riconosco il fatto che sia un privilegio poter decidere di tornare sui propri passi. Riconosco il mio piccolo privilegio pur nelle decisioni sofferte e i passi falsi perchè in fondo chi non ne fa?
Da qui in poi parte l’incazzatura feroce. Allacciate le cinture.
Nel momento in cui ho postato le storie nelle quali ragionavo sulla falsità della parola merito, il pericolo di concetti come quite quitting e grandi dimissioni, nonchè l’amara verità che la botta di culo connessa ai santi in paradiso e la stabilità della “gens” cui appartieni SONO fattori determinanti nella vita dei freelance, SOPRATTUTTO DOPO IL COVID, si è scatenato un putiferio di commenti e messaggi. E non me lo aspettavo.
La verità è che la narrazione del freelance libero e felice, se vuoi puoi, scendi dal divano e datti fare è una cazzata favolosa.
In Italia la maggior parte di loro quadagna 16mila euro l’anno in media (lordi) e la % di lavoratori in proprio rispetto al totale delle persone occupate è del 22% (in decrescita) che per me è tanto considerando gli altri paesi EU area. In Francia lo stipendio medio di un freelance alle prime armi è di 2500/3000 euro al mese…in Italia una parte di quel 22% è probabilmente working poor (non ci voglio pensare a chi ha fatto i soldoni alle spalle di questa gente, ma lo faccio)
Quello che mi ha fatto pensare molto e chi mi ha portato a scrivere questo pezzo è il disagio e la frustrazione che ho letto tra le righe dei messaggi che mi sono arrivati.
L’impossibilità di andare avanti in modo autonomo o la fatica di farlo a causa di protezioni inesistenti o l’altrettanto inesistente -o difficile- possibilità di accedere a fondi e finanziamenti per crescere e strutturarsi.
Tralasciando la mia situazione di freelance ed expat che ha fatto l’enorme cazzata di voler continuare a lavorare con l’Italia in solitudine, cosa che manco Mandrake nei sui tempi migliori, mi chiedo come sia possibile che gente di indiscusso talento non sia RICOPERTA di lavoro e gente alla quale affiderei la vita per la fiducia che ispirano nel lavoro, con crescano con il rigoglio che si meritano.
I detti “Piove sempre sul bagnato” e “la merda rimane sempre a galla” hanno il loro fondamento. Possiamo ammetterlo? Possiamo.
Quindi,
Quando si scorgono narrazioni come quella delle grandi dimissioni, diciamo che possiamo ritenerla più o meno coerente, ma negli Stati Uniti, non in Italia;
Quando scorgiamo narrazioni come “la crescita dei talenti” etc…ricordiamo che uno su mille ce la fa e talvolta camminando in testa a chi genuinamente gli ha dato una mano a fare qualche piolo della scala, avrei un paio di esempi da raccontare, ma rischierei querele. Oppure, se si scava bene, si scopre che hanno le spalle più coperte di Iron Man;
Quando scorgiamo narrazioni del tipo “digital nomad” ricordiamoci che solo le big corp danno siffatta possibilità, l’Italia è zeppa di PMI illuminate male con scarsa mobilità di cervelli che rimangono inchiodati al posto fisso (giustamente), perciò fanno una fatica della madonna ad essere attrattive e aperte alle diversity come si dovrebbe nel XXI secolo. Un problema strutturale che poi si riverbera nel mondo del lavoro (e su di me). Le PMI sono sempre state un mio target, ho sempre creduto fortissimo in loro sviluppando modelli ad hoc immancabilmente finiti in un “mò vediamo”: perciò ora -con tutto il rispetto- andassero a quel paese.
Ed infine quando intercetto narrazioni del tipo: “ma sei all’estero, un mondo infinito di possibilità…” mi si ribaltano gli occhi. Quando vivi in un Paese diverso dal tuo non son lì tutti pronti a stenderti il tappeto rosso, a meno che tu non abbia un tot di danari da investire e anche lì, non è detto, dipende da un sacco di fattori e dal tempo, tanto tempo. Poi dipende da che lavoro fai e il tuo personale livello di acume: io non sono furba.
Conclusioni
Vi starete chiedendo che diamine farò adesso. Non rinuncerò mai a fare ciò che mi piace e continuerò a lavorare autonomamente su un paio di progetti che amo.
Continuerò a leggere libri noisi e saggi su economia, politica e marketing, continuerò a pensare a cose carine da realizzare e a sistemare il Bigino Formenti anche se queste cose piacciono ad un ristretto manipolo di persone soprattutto se son da pagare, ma vabbè.
Continuerò a coltivare questa newsletter, probabilmente non posterò quasi più nulla su Instagram e Facebook. Chiuderò Ottocollective l’anno prossimo, perchè non è mai diventato ciò che sognavo.
Soprattutto…
Non farò mai più in vita una consulenza gratis, manco di un minuto, mi farò pagare pure l’aria che respiro a meno che non sia una cosa divertente, o serva per il Bene, la comunità e il Pianeta.
Questo lo scrivo qua e col sangue. Voi prendete nota e imitatemi.
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So che magari non ti aiuta in questo momento, ma Chiara tu sei la numero 1 per come riesci a far capire cose del tuo mondo anche ad una boomer come me!!!👍👏👏👏
Un punto di vista fuori dai social ma effettivamente sociale (cioè della società attuale), leggo finalmente opinioni uguali alle mie. Tutti che gridano alla ricchezza fatta con i lavori da freelance, nomadi digitali ecc ti propongo corsi e idee di cambio vita, di una vita migliore, fuori dagli uffici, dagli orari. Per me invece sono solo idee fuori e basta al massimo fuori dalla realtà, magari si per qualcuno è stata la svolta, ma per quanti? Li vedo con i miei occhi invece quanto questi giovani liberi professionisti italiani faticano per qualche migliaia di euro al mese, se va bene. Per non parlare di chi (come me) ha un lavoro dipendente e nonostante le grandi ambizioni idee e qualche tentativo extra, rimangono aggrappati a quel stipendio mensile che una vita almeno cerca di fartela vivere. Ho detto fin da subito che questa newsletter tra le tante che arrivano è quella che leggo e leggerò sempre molto volentieri. Grazie Chiara. Martina